Animal Liberation Victoria occupa un macello
Attivisti ed attiviste di Animali Liberation Victoria hanno portato a termine una grande azione di disobbedienza civile.
In occasione del lancio della loro ultima investigazione, condotta sotto copertura in tre grandi macelli e durata due anni, hanno letteralmente bloccato uno dei mattatoi coinvolti.
Si sono incatenati alle gabbie bloccando la camera a gas.
Hanno bloccato i camion in entrata e cercato di dare conforto ed acqua ai maiali terrorizzati ed esausti.
Hanno occupato il tetto e calato striscioni.
Secondo quanto dichiarato al Daily Mail Australia, scopo della loro azione non è stato solo porre l’accento sulla mostruosità di un metodo di stordimento, quello con il biossido di carbonio (considerato anche in Europa uno dei metodi accettati secondo le linee guida per il “benessere” animale nei mattatoi), che provoca negli animali gravissime sofferenze, ma di “portare il concetto di rispetto per l’altro nel nostro martoriato mondo, di arrivare alle vere radici della violenza”.
Kristin Leigh, portavoce del gruppo, ha affermato: “Quello che vogliamo è che il mondo apra gli occhi, vogliamo porre fine alla crudeltà verso gli animali e verso gli esseri umani”.
Gli attivisti e le attiviste che oggi hanno per ore bloccato l’attività del mattatoio, che hanno posto i loro corpi a difesa di quelli delle vittime, che hanno cercato di dare loro voce, sostengono che non esistono metodi non-violenti di uccidere. E che il problema da porre non sia solo la violenza e lo sfruttamento nei confronti degli animali “da reddito”, ma la violenza e lo sfruttamento insiti nella nostra società.
Qualche dato su cui riflettere:
Secondo dati di FLAI-CGIL del 2010 l’accentramento del mercato nelle mani di grandi gruppi di acquisto che lavorano per conto della GDO ha pesantemente condizionato al ribasso il prezzo di vendita, sia degli animali che della carne lavorata. Negli allevamenti come nei macelli questo fa sì che la competitività si giochi soprattutto sul costo del lavoro, causando aumento dei ritmi e della velocità di lavoro, incremento dei processi di outsourcing non regolare, lavoro nero, caporalato.
In una parola, sfruttamento.
Nel macello per suini più grande d’Italia, dove nel 2014 si macellavano 23.000 animali a settimana (per un totale di circa 300 addetti), secondo uno studio commissionato dalla Regione Emilia Romagna e dal mattatoio stesso, riguardante “benessere” animale e sua incidenza sulla qualità del prodotto, un terzo degli allevamenti fornitori risulta, in una scala da 1 a 6, nelle posizioni peggiori, il 24% degli animali vanno incontro a forte stress durante il carico e lo scarico, cadendo, scivolando, riportando ferite e fratture.
Dati freddi e neutri, sotto i quali si celano immagini terribili, come quelle mostrate da Animal Equality pochi mesi fa.
Non esistono mattatoi privi di crudeltà.
Non esistono allevamenti compassionevoli.
Non esistono animali da reddito felici.
Non contribuire a tutto questo.
Non finanziare lo sfruttamento.