Otto mucche da salvare – 2
Settimane fa vi abbiamo raccontato una storia.
Quella storia non è ancora finita.
Le otto mucche, sequestrate perché trovate senza marche auricolari, e scampate alla morte a seguito del nostro intervento, sono ad oggi ancora rinchiuse nella stalla dove hanno vissuto per anni. Dove hanno assistito alla morte per inedia delle loro compagne, dove hanno partorito per anni vitellini strappati loro subito dopo la nascita.
Dove siamo riusciti finalmente ad entrare il 21 agosto, dopo aver appreso che una delle due mucche a terra era deceduta.
Dove abbiamo trovato le superstiti magre come scheletri, senza cibo.
Tina, la seconda mucca a terra (che non ce l’ha fatta, ed è morta due giorni dopo) sembrava il fantasma di una mucca. Sguardo triste ed ossa sporgenti.
Due delle mucche avevano partorito. I due bimbetti erano lì, separati dalle loro mamme, come tutti i piccoli di mucca in tutti gli allevamenti di questo mondo.
Animali inutili, perché non macellabili, non utilizzabili come fabbriche di latte.
Quindi lasciati languire, abbandonati a se stessi.
Da quel momento in poi siamo tornate ogni giorno.
A portare e somministrare cibo.
A far sentire costante la nostra presenza.
A far capire forte e chiaro che non ce ne saremmo mai andate senza di loro.
Continuando nel contempo a discutere e trattare con i funzionari ASL. Scontrandoci contro il muro di gomma di una burocrazia che gli animali, soprattutto quelli da “reddito”, li vede solo in funzione dei loro corpi e della loro carne.
Al Rifugio Miletta, alla Fattoria delle Coccole e ad Ippoasi si stanno approntando gli spazi che le accoglieranno. A Porcikomodi Magnago sarà allestita una nursery per i due piccoli. Ad Agripunk le bandiere buddiste continuano a sventolare di fronte alla loro nuova casa.
Il giorno della loro liberazione è vicino.
Per loro presto quella stalla diventerà solo un lontano ricordo.
Per tutti noi invece quel ricordo resterà vivo. Vivo monito e spinta a continuare lungo la strada intrapresa. Impervia, snervante, di cui non si vede la fine.
Diceva Barry Horne che gli animali hanno solo noi. Siamo noi la loro voce, la loro unica speranza in un cambiamento radicale. Che porti al superamento del preconcetto di specie e razza, e di un modello sociale basato sullo sfruttamento e la prevaricazione.
Fai anche tu la tua parte. Fai conoscere questa storia. Aiutaci a sostenere i costi per il trasporto e la costruzione delle loro case donando quel che puoi, o vieni a dare una mano nei santuari che le ospiteranno. Scrivici per sapere come fare a info@animaliliberi.org!